La storia della Macelleria

È UNA STORIA CHE SA DI GENUINITÀ, QUELLA DELLA MACELLERIA MOTTA.

La famiglia Motta non ha un trascorso di generazioni nel commercio della carne: questa è la prima cosa che Giuseppe tiene a precisare, con la fierezza di chi ha saputo costruire nell’arco di poco più di cinquant’anni un’impresa non solo florida sul piano economico, ma che nel proprio settore rappresenta un vero punto di riferimento per la qualità e la selezione del prodotto. Giuseppe è del 1936, nato come ultimo di sette fratelli pochi mesi dopo la morte di suo padre: la famiglia, in quegli anni, vive lavorando la terra in una cascina nei dintorni di Inzago. Dopo la guerra, via via che i fratelli di Giuseppe si sposano, si allontanano dalla cascina per andare ad abitare in paese lasciando con la madre il fratello minore che, nel frattempo, poco più che bambino, inizia a lavorare nelle macellerie di Inzago.

Nel 1950, compiuti i quattordici anni, Giuseppe può fare il grande salto e andare a lavorare a Milano, assunto in regola con la paga di 2.700 lire alla settimana. Il negozio era in via Panfilo Castaldi all’angolo con via Lazzaretto: Giuseppe tutte le mattine prende il tram che da Inzago lo porta a Milano. I primi lavori sono da garzone, come andare a portare la carne a domicilio ai clienti privati o negli alberghi della zona di Porta Venezia. Oltre ad arrotondare lo stipendio con le mance, che riceve per le consegne, Giuseppe ottiene piccoli incarichi anche dai proprietari degli alberghi che gli affidano, per esempio, l’acquisto dei biglietti del teatro per i propri clienti. Anche i ristoranti della zona si servono di lui: quando organizzano dei banchetti Giuseppe lava i piatti in cambio della cena e di mille lire di paga. Sono anni di lavoro intenso per lui che non rifiuta mai un lavoro pur di portare a casa qualche lira in più: la sera, rientrato a Inzago, gli capita spesso di andare a macellare nei paesi del circondario.

A Milano Giuseppe resta per tredici anni, dal 1950 al 1963, cambiando numerosi negozi, con l’intervallo del servizio militare svolto a Napoli nel 1957, durante il quale continua a fare il macellaio sotto le armi. Prima del servizio militare Giuseppe lavora sempre nella zona di Porta Venezia tra via Panfilo Castaldi, via San Gregorio, via Lazzaretto. Nel 1958, dopo sei mesi trascorsi in piazza Irnerio, Giuseppe viene assunto in una macelleria di viale Lombardia dove resta a lavorare fino al 1963, anno del ritorno a Inzago.

Nel 1962 Giuseppe si sposa con Carla Fumagalli e i due si trasferiscono in paese con la madre di lui lasciando definitivamente la cascina. Nello stesso anno, con il denaro messo da parte, Giuseppe decide di acquistare per 4.300.000 lire una macelleria a Milano proprio in via Castaldi dove aveva iniziato a lavorare. Se non che, pochi giorni prima dell’acquisto, Carla annuncia al marito la propria gravidanza e Giuseppe, spaventato dalle possibili complicazioni, decide di rinunciarvi.

I circa 1.500 macellai che lavorano a Milano negli anni ’60 si sono più che dimezzati in trent’anni, ma allora il mercato della carne era uno dei più ricchi e apprezzati del continente: come racconta Giuseppe citando l’ex presidente della categoria Maggi: “A Milano c’era quotidianamente una varietà di tagli che altrove, anche a Parigi, si poteva trovare solo per le feste”. Lavorare a Milano, oltre che un motivo di orgoglio, è per un giovane macellaio un’occasione eccezionale di crescita professionale. Di lunedì al macello di via Lombroso, quando i commercianti si recano per scegliere i capi da acquistare, c’è oltre un migliaio di bestie. Una volta acquistate, il veterinario ne autorizza la macellazione, vengono timbrate e poi macellate nei giorni successivi dalle squadre di addetti del macello. Se un macellaio non dispone di un proprio mezzo, c’è un camion del Comune che distribuisce la carne ai negozi.

Nei primi anni Cinquanta ci sono dodici giovani macellai che con Giuseppe vanno a lavorare a Milano da Inzago e dai paesi vicini (Gessate, Cambiago, Vaprio, Canonica, Cassano d’Adda) e nel 1962 tutti hanno già aperto i propri negozi al paese. Motta è l’ultimo quando nel 1963, dopo aver abbandonato l’idea di aprire una propria attività a Milano, acquista da Mario Comelli per 2.750.000 lire le mura del negozio attuale, l’abitazione soprastante e un macello attiguo per il quale Comelli non ha l’autorizzazione. L’accordo tra i due prevedeva che, qualora Motta non fosse riuscito a ottenere il nulla osta per il macello, il prezzo sarebbe stato ridotto di un milione. A Inzago, infatti, c’è un veterinario condotto che ha già autorizzato la vendita della carne, ma che per l’attività di macellazione non ha voce in capitolo. Per fortuna l’esperienza maturata nei primi anni di carriera a Milano risulterà molto importante per Giuseppe per avviare la propria attività, a cominciare proprio dall’ottenimento dell’autorizzazione a macellare in proprio. Giuseppe ricorda infatti come il dottor Fusar Poli, veterinario del macello pubblico di Milano, fosse molto favorevole al fatto che i giovani con un buon bagaglio di esperienza aprissero in provincia le proprie attività commerciali: avvertito da Motta al martedì pomeriggio, si presenta a Inzago mercoledì alle sette del mattino per esaminare il macello e rilasciare la propria autorizzazione.

Nel 1963, con l’avvio dell’impresa commerciale, inizia una nuova fase per la famiglia Motta.

Con la possibilità di gestire in proprio l’attività di commercio e di macellazione, il lavoro di Giuseppe muta profondamente, infatti è lui a questo punto a dover seguire l’intero processo: dalla scelta dei capi, alla macellazione, al taglio e alla vendita della carne. Gli acquisti di bestiame vengono fatti nelle cascine dell’Est milanese e della Bassa bergamasca, dove vengono allevate vacche della razza Bruna alpina: una razza versatile che consente la produzione di latte e la macellazione per scopi alimentari. In seguito nella pianura lombarda la razza Bruna alpina viene abbandonata a vantaggio della Bianca e nera, vera miniera di latte, ma di scarsa resa per la macellazione e da allora Motta comincia a rifornire il proprio macello con capi di razza piemontese provenienti dalle province di Asti e Cuneo.

“Dal giorno dell’apertura fino ad oggi il nostro negozio non ha mai fatto un giorno di chiusura, mai un giorno di vacanza!”, ci confida con orgoglio Giuseppe. Sempre nel 1963 Carla e Giuseppe hanno il primo figlio Galdino, detto Dino, e cinque anni più tardi nasce Sergio. Tutti e due cominciano ben presto ad affiancare il papà, soprattutto in occasione dell’annuale Fiera di Inzago, quando allevatori e macellai della zona espongono i propri capi migliori, e i due posano fieri accanto ai genitori nelle foto che li ritraggono con i premi vinti dai buoi della Macelleria Motta.

Nel 1976 la famiglia Motta si completa con la nascita di Elena, mentre i due fratelli maggiori continuano a seguire il papà nei suoi giri in camion per stalle e per fiere. Col passare degli anni Dino sceglie gli studi di veterinaria e oggi esercita la professione accanto al negozio dove Sergio lavora con i genitori: anche se il suo ruolo nella conduzione dell’impresa va aumentando con il tempo, la titolarità della ditta individuale continua a rimanere in capo al padre Giuseppe.